Mattei Essay
FRANCESCA MATTEI, Associate Professor, University of Roma Tre, Rome, Regole, licenza, accidenti: Dwellings and Villas
I progetti per le abitazioni approntati da Serlio nel sesto e nel settimo libro rappresentano casi paradigmatici per interrogarsi sull’approccio dell’architetto ai concetti di regola, licenza e accidente – termini da lui utilizzati di frequente. Il sesto libro, verosimilmente completato entro il 1553, accorpa disegni di case per tutti i tipi di uomini “da la più vil casipola […] fino al più ornato palazzo da Prencipi, così per la villa, come per la città”.1 La varietà risulta il principio ispiratore di questo volume, i cui contenuti sono annunciati già nella famosa epistola dedicatoria che apre le Regole generali di architettura (Venezia 1537). D’altro canto, il settimo libro, pubblicato postumo nel 1575, è dedicato ai “molti accidenti, che possono occorrere a l’Architetto”2: raccoglie, cioè, progetti per diversi tipi di edifici – fortezze, palazzi, ville – e prosegue la discettazione sugli aspetti teorici dell’arte del costruire, come l’uso dell’ornamento, il disegno di dettagli architettonici, il restauro degli edifici.3 Il protagonista del volume è l’accidente ovvero tutto ciò che, esulando dalle condizioni canoniche, impone la ricerca di strategie per l’elaborazione del progetto4: “siti diversi, di diversi angoli, e strane forme, tutte fuori di squadro: e non di meno si vede il modo di mettere ogni cosa a squadro, e farne commoda e bella habitatione”.5 Varietà e accidente, pertanto, si configurano come categorie centrali nell’ambito della riflessione serliana intorno all’abitazione. Ma come si riflettono tali concetti astratti nel progetto d’architettura?
Prima di tentare di rispondere a questa domanda, passando in rassegna i progetti raccolti nei due volumi, è opportuno ricapitolare alcune questioni di ordine generale, muovendo dalla definizione di tali concetti. Dopo il processo sviluppatosi nel corso del XV secolo, volto alla ricerca della varietà nelle soluzioni visibili negli edifici antichi, nel Cinquecento i fautori dell’arte del costruire mostrano l’inclinazione ad attenersi al De architectura di Vitruvio “per un’esigenza attuale di regole certe e fisse”.6 Si tratta di un processo che, in quel momento, appare l’esito di una mentalità comune: l’evoluzione che ha origine dalla libera sperimentazione - attuata da Bramante, Raffaello e Peruzzi – e approda ai manuali7 pubblicati a partire dagli anni Trenta del Cinquecento risulta imparentata con il passaggio dall’atteggiamento descritto da Baldassarre Castiglione nel Cortigiano (1528) – dove si rifiutano norme di comportamento a meno che non si tratti di criteri generali – all’approccio illustrato nel Galateo di Giovanni Della Casa - in cui i precetti assumono un ruolo centrale. In questo quadro ricco di sfumature, Sebastiano Serlio tenta di “fissare in norme le conquiste dei decenni precedenti”.8 Con la pubblicazione delle Regole generali dell’architettura (1537) il primo volume del suo poderoso trattato, l’architetto si concentra nella ricerca di un nuovo – ma fondato sui principi antichi - linguaggio per l’arte del costruire.9 Tale processo viene magistralmente esemplificato tramite la canonizzazione dei cinque ordini architettonici – “le cinque maniere de gli edifici”10 - per la prima volta illustrati in una tavola sinottica secondo una rappresentazione che verrà mantenuta, pur con qualche aggiornamento, nei trattati pubblicati negli anni seguenti.11
Accanto a questo insieme di regole, com’è altrettanto noto, l’architetto bolognese si sbizzarrisce nell’invenzione di licentie12: si tratta di una storia parallela alla ricerca intorno al canone degli ordini architettonici, identificabile in primis nell’Extraordinario libro (Lione 1551). Il volume in questione è dedicato a una serie di porte rustiche e gentili – “fantasie nell’intelletto”13: la varietà dei portali, nati dalla mescolanza tra gli ordini e accompagnati da una bizzarra componente decorativa, si pone in contrasto al tentativo di ricondurre l’architettura in toto al paradigma dei cinque ordini, proposto dal primo volume del trattato.
Nell’epistola di dedica del volume in questione, Serlio si avvale di una doppia giustificazione per queste licenze: da un lato fa appello al condizionamento dovuto alla lunga permanenza in Francia, dall’altro tenta di sminuire il portato delle licentie introdotte nel testo in quanto fondate anch’esse sull’autorità di alcune antichità romane.14 Tale concetto ammette l’esistenza di una deroga alla regola nell’architettura antica: sta alla virtù dell’architetto, secondo Serlio, isolare e scartare “le cose troppo licentiose” durante la progettazione.15 Il bolognese dunque sottintende la contrapposizione di categorie all’interno dell’arte del costruire, come viene chiarito anche tramite l’uso dei vocaboli. Oltre alle parole regola e licenza, che ricorrono frequentemente, se ne aggiungono molte altre relative al medesimo ambito semantico: “Modestia”, “semplicità”, “prudenza”, “accidente”, “ragione”, “capriccio”, “ardire”, “mescolanza”, “cose inusitate”, “bizzarrie”.16 L’intero ragionamento si sviluppa secondo una dialettica degli opposti, fondata sulla antitesi tra la norma e ciò che se ne discosta.17 I diversi volumi del trattato possono essere suddivisi sulla base di tale doppiezza: i due libri pubblicati durante il soggiorno veneziano (1537 e 1540) enfatizzano l’importanza del rigoroso rispetto delle regole, mentre dopo il trasferimento in Francia nel 1541, Serlio è stimolato a trovare nuove forme di espressione, che trovano manifestazione nei libri VI, VII, VIII e nel già citato Extraordinario libro.18 Da un lato, quindi, si delinea un percorso volto alla ricerca di regole per ordinare l’arte del costruire – aprendo la strada alla trattatistica d’architettura, che sarebbe culminata con il “dogma del sistema”19 messo a punto da Vignola (1562); dall’altro, il bolognese si inserisce in quel processo parallelo che descrive un “Renaissance without orders”.20
Vediamo alcuni esempi concreti. Nel sesto libro, le ville si articolano secondo modelli di piante molto diversificati: impianti organizzati intorno a un cortile quadrato (o intorno a più cortili) [fig. 1, c.XXVI], oppure ottagonali [fig. 2, c.XX] o pentagonali [fig. 3, c.XXXI].21 Gli edifici di città, invece, si sviluppano nel rispetto di una maggiore regolarità – una logica riscontrabile anche nel settimo libro.22 Già Leon Battista Alberti sosteneva che le residenze extraurbane consentono un allontanamento dalla “normatività vigilatissima del disegno”.23 La villa, cioè, costituisce un edificio che ben si presta alla sperimentazione e all’invenzione proprio in virtù della collocazione in aree extra o suburbane. Tale postulato era certamente noto agli architetti del XVI secolo: ne offre una esplicita dimostrazione Giulio Romano nella costruzione di palazzo Te, esempio per antonomasia della sprezzatura in ambito architettonico.24
Nonostante i progetti per le abitazioni costituiscano un repertorio variegato dal punto di vista delle soluzioni architettoniche, è possibile individuare alcuni punti comuni: gli edifici presentati nel sesto libro, propongono soluzioni planimetriche in cui il cortile – a prescindere dalla forma – è al centro delle piante [sesto libro, cc. VII, IX, XIV, XVI, XVII, XIX, XX, etc.].25 Si può poi riconoscere lo schema sul quale il bolognese elabora tali progetti: si tratta di una griglia geometrica, dalla quale, tramite l’aggiunta e la sottrazione di porzioni, si ottiene l’impianto da sviluppare in alzato. Tale griglia risulta evidente nella costruzione a stilo, ben leggibile nei fogli dell’Avery Library. Con le dovute distinzioni, il criterio non è dissimile da quello descritto da Rudolf Wittkower a proposito delle ville di Palladio nei Principles of Palladio's Architecture.26 un “geometric pattern”, adattabile alle esigenze abitative del committente e facilmente modificabile. E’ già stato sottolineato come Palladio abbia tratto verosimilmente ispirazione dai progetti di Serlio, incontrato con ogni probabilità a Vicenza nel 1539.27 Non è l’unico spunto che sarà poi ripreso dall’architetto padovano: basti pensare al modello utilizzato da Serlio per le ville extraurbane in cui la residenza padronale coincide con il nucleo centrale dell’edificio, ornato da un portico in facciata, mentre i corpi laterali sono destinati ai servizi – una combinazione coincidente con la struttura delle ville palladiane.28 Il ragionamento del bolognese, però, si fonda su presupposti differenti: Palladio è spinto da necessità compositive e pratiche, ovvero dall’urgenza di produrre una cospicua quantità di progetti in breve tempo; Serlio elabora progetti, che, nonostante le sue velleità, rimangono consegnati alle pagine del trattato. Mentre Palladio cerca di mantenere invariato il principio alla base della definizione delle piante, Serlio utilizza la geometria come elemento generatore di innovazioni29: ne è un esempio il progetto della villa in forma di mulino a vento [fig. 4, settimo libro, villa XIII], uno di quelli che avrebbe avuto più fortuna nei decenni successivi proprio per il suo portato innovativo30; ancora il progetto per la “casa per un principe fuori della città per suo piacere con poca famiglia” [fig. 5, sesto libro, c.XX] in cui l’intero edificio è costruito intorno a un cortile esagonale con colonne, che scandiscono la forma dell’intera struttura. Analogamente, la “casa del principe tiranno circondata da fortezza” [fig. 6, sesto libro, c.XXXI] si articola su un impianto pentagonale: il linguaggio adottato per i dettagli, invece, si allinea ai dettami degli ordini architettonici - in questo caso al rustico – stabiliti da Serlio nelle Regole generali dell’architettura.
Benché le ville del settimo libro si pongano in continuità con i progetti di abitazione presentati nel sesto libro, sussiste una differenza centrale tra questi due volumi. Nel sesto libro, Serlio intende dare una prova di tutti i tipi di abitazioni “da la più vil capannetta […] fino al più ornato palazzo da Prencipe”31: il committente, dunque, assume un ruolo dominante, poiché detta le caratteristiche che l’architettura dovrà avere, influenzando il linguaggio dell’edificio.32 Altro elemento significativo è l’utilizzo dei modelli. Benché parte dell’opera sia stata elaborata quando Serlio si era già trasferito in Francia, i progetti per le abitazioni extraurbane presentate nel sesto e del settimo libro sono stati concepiti sulla base di una cultura figurativa italiana33: Poggioreale a Napoli, Villa Madama e la Farnesina a Roma, palazzo Te a Mantova, citati da Serlio nel libro sulle Antichità come gli esempi più alti di questa categoria.34 Frammenti di questi progetti si ravvisano nelle piante e negli alzati: i torrioni angolari di Poggioreale, ad esempio, sono utilizzati nelle ville IV e VII del settimo libro; la conoscenza di Villa Madama è richiamata nel cortile circolare [settimo libro, ville I, VI, XIV, XVI] e di una composizione ispirata alla giustapposizione di ambienti di forma diversa. Il progetto per una “casa per un principe serrata in loco forte per battaglia da mano fuori della città” [fig. 7, sesto libro, c.XXVIII] presenta un impianto quadrato, piuttosto regolare, all’interno del quale si apre un cortile circolare con colonne disposte secondo un ritmo binato: anche in questo caso l’architetto potrebbe aver attinto dai modelli italiani, in primis dalle piante di Francesco di Giorgio Martini. Sempre dall’architetto senese, poi, potrebbe derivare la casa per un re, provvista di cortile ovato [fig. 8, sesto libro, c.XLVI], soluzione che probabilmente Serlio conosceva tramite Peruzzi.35
L’utilizzo dei modelli ricalca l’esperienza biografica del bolognese: oltre agli edifici più importanti del Cinquecento italiano, Serlio attinge anche all’edilizia tradizionale: “La casa del cittadino o “mercante” [fig. 9, sesto libro, c.III] si impernia su un impianto con andito passante, che sembra ammiccare agli anni trascorsi a Bologna e a Venezia. Non mancano poi esempi ispirati alle abitazioni popolari o tratti dall’architettura francese.
Nonostante la scelta dei modelli appaia chiara a una lettura delle forme, l’architetto non esplicita chiaramente quali siano state le sue fonti, salvo qualche eccezione. Tra gli esempi che lo hanno ispirato, solo la Farnesina viene espressamente nominata tra le pagine del settimo libro. L’unico altro riferimento a un edificio costruito si ritrova nella descrizione della villa XXIV nel settimo libro, quando Serlio ricorda il proprio progetto per la residenza del cardinale Ippolito II d’Este a Fontainebleau: anche in questo caso la pianta dell’edificio richiama le forme del progetto francese, già inserito nel repertorio del sesto libro.36 Tra i molti modelli taciuti, ma facilmente riconoscibili, si individua anche l’eco del linguaggio di Giulio Romano: la conoscenza dell’opera di Pippi viene confermata dalle ricorrenti citazioni di palazzo Te, che si intravedono negli impianti del settimo libro.37 È plausibile che il bolognese si sia ispirato anche ad altri progetti dell’allievo di Raffaello: fornisce una prova in questo senso la villa loggiata sui quattro lati [fig.10, sesto libro, c.XXXVIII] imparentata con la celebre pianta di villa, conservata nel fondo Castiglioni dell’archivio di Stato di Mantova di ambito giuliesco.38 Si tratta di un impianto che, pur con qualche differenza, si riscontra anche nella “casa di un gentilhuomo nobile” [fig. 11-12, sesto libro, cc.XVI-XVII]. Un fatto che denoterebbe la conoscenza da parte di Serlio non solo del progetto di palazzo Te – che raggiunse un’immediata celebrità all’epoca – ma anche di altri disegni di Giulio Romano: si tratta di un’ipotesi che insiste su un nodo storiografico ancora irrisolto, ovvero la presenza di Serlio a Mantova negli anni che precedono la pubblicazione del primo volume del suo trattato.39
La volontà di oltrepassare le regole è evidente anche dall’osservazione degli alzati: la forma spiovente dei tetti, spesso aperti da abbaini e ornati da camini in stile francese, o il proporzionamento delle colonne rappresentano indizi di un influsso forestiero.40 Il bolognese è ispirato dal principio della variazione: nella versione a stampa del settimo libro, egli correda di due camini la villa XII, uno all’italiana e uno alla francese “per demonstrar la varietà de modi” – procedimento adottato anche per la villa XIV nello stesso volume.41 Non è da escludere che, oltre alla contaminazione del linguaggio e del sistema degli ordini, la permanenza in Francia abbia avuto delle ripercussioni anche sulla concezione costruttiva di Serlio: l’utilizzo sempre più frequente del sistema della doppia parasta con pannelli interposti mostrerebbe, ad esempio, un’interpretazione che sembra integrare la parte ornamentale con quella costruttiva.42
Conclusioni
Alla luce di queste considerazioni, è opportuno tentare qualche considerazione conclusiva. Il sesto libro e il settimo libro – unitamente all’Extraordinario - costituiscono una prova del superamento della sola norma vitruviana e delle “definizioni rigide ed univoche”.43 Nelle residenze del sesto libro, Serlio muove dall’applicazione della simmetria e degli ordini per quanto poi contraddica continuamente i sistemi proporzionali da lui stesso fissati nelle Regole generali dell’architettura.44 L’architetto gioca infatti con due categorie fondamentali: quella della “commodità” riferita agli usi del committente, e quella del “decoro”, legati ai principi dell’architettura e della decorazione: tra queste due categorie oscilla il continuo passaggio dall’eccezione alla regola. D’altra parte, come spiega lo stesso Serlio, è proprio nella successione e sulla mescolanza di queste due categorie che si arriva all’architettura giudiziosa.45
Il nucleo di progetti per le case in villa mostrano una continua alternanza fra modi italiani e francesi, che produce un nuovo linguaggio sovranazionale “all’interno del quale ogni nuova proposta avrebbe trovato la sua legittimazione”.46 Si potrebbe ipotizzare che l’innesto di elementi licenziosi sul linguaggio italiano sia dettato proprio dalla volontà di rivolgersi a un pubblico più ampio, dotato di una cultura figurativa diversa (o non dotato affatto!) rispetto a quella dei colleghi al sud delle Alpi. Il che, nonostante l’esplicito allontanamento dalle regole e dalla norma,47 non negherebbe l’importanza della funzione didattica – e quindi normativa – di questi volumi: il sesto libro ambisce a contenere progetti adatti a tutte le classi sociali e a illustrare una carrellata completa di edifici; nel settimo, Serlio prosegue il suo percorso alla ricerca delle regole alla base della buona architettura, ma, in questo caso il bolognese si cimenta con i problemi concreti che si possono presentare all’architetto.
Nonostante il carattere del tutto originale delle ville serliane, rispetto alla consuetudine dell’epoca in cui furono elaborate, le vicissitudini legate alla pubblicazione - che hanno condannato a un ritardo immane il settimo libro e hanno impedito la pubblicazione del sesto - ne hanno inficiato il portato innovativo, rendendole obsoleti rispetto ai Quattro libri di Andrea Palladio e alle ville in esso illustrate, invece in parte debitrici delle invenzioni serliane.
Note
1 Sebastiano Serlio, Regole generali di architetura sopra le cinque maniere de gli edifici, cioe, thoscano, dorico, ionico, corinthio, et composito, con gli essempi dell'antiquita, che, per la magior parte concordano con la dottrina di Vitruvio, Venezia, Francesco Marcolini, 1537, V. Sulla storia editoriale si veda: Francesco P. Fiore, “Introduzione,” in Sebastiano Serlio, L’architettura. I libri I-VII e extraordinario nelle prime edizioni, ed. Francesco P. Fiore (Milano: Il Polifilo, 2001) 28-31. Per un’edizione integrale dei disegni conservati a New York, Columbia University, Avery Architectural and Fine Arts Library, AA520 SE 694 F si veda: Sebastiano Serlio, On domestic architecture: different dwellings from the meanest hovel to the most ornate palace; the sixteenth century manuscript of book VI in the Avery Library of Columbia University, ed. Myra N. Rosenfeld (Cambridge/Mass.: MIT Press, 1978); sui disegni conservati a Monaco (Bayerische Staatsbibliothek, Cod. Icon. 189) e sulle prove di stampa di Vienna (Nationalbibliothek, 72.P.20) si veda: Sebastiano Serlio, Architettura Civile, Libri Sesto, Settimo e Ottavo nei manoscritti di Monaco e Vienna, eds. Francesco P. Fiore, Tancredi Carunchio (Milan: Il Polifilo, 1994).
2 Serlio, Regole generali, V.
3 Sulla storia editoriale del settimo libro: Dirk J. Jansen, “Jacopo Strada editore del Settimo libro”, ed. Christof Thoenes, Sebastiano Serlio. Sesto Seminario Internazionale di Storia dell’Architettura (Milano: Electa, 1989), 207-215; Dirk J. Jansen, “Le rôle de Strada comme éditeur du "Settimo Libro" de Serlio”, ed. Sylvie Deswarte-Rosa, Sebastiano Serlio à Lyon: architecture et imprimerie, vol. 1: Le traité d’architecture de Sebastiano Serlio: une grande entreprise éditoriale au XVIe siècle (Lyon: Chomarat, 2004), 176-184; Tancredi Carunchio, “Il manoscritto del Settimo Libro di Sebastiano Serlio”, ed. Christof Thoenes, Sebastiano Serlio, 203-206.
4 Per una definizione di accidente secondo Serlio si veda Frédérique Lemerle, “Architecture accidents au xvie siècle. Le Settimo libro de Sebastiano Serlio”, pp. 1-20 http://umr6576.cesr.univ-tours.fr/Publications/HasardetProvidence.
5 Sebastiano Serlio, “Breve narrazione delle cose che sonno nel settimo libro”, in Sebastiano Serlio, Il settimo libro d'architettura di Sebastiano Serlio bolognese, Francofurti ad Moenum, ex officina typographica Andreae Wecheli, 1575, s.p.
6 Pier Nicola Pagliara, “Vitruvio da testo a canone”, ed. Salvatore Settis, Memorie dell’antico nell’arte italiana, vol. III: Dalla tradizione all’archeologia(Torino: Einaudi, 1986), 55. Rimando a questo saggio per una trattazione del processo di canonizzazione del trattato di Vitruvio. Sul problema della definizione del canone in Serlio cfr. Mario Carpo, La maschera e il modello: teoria architettonica ed evangelismo nell’Extraordinario libro di Sebastiano Serlio (1551) (Milano: Jaca Book, 1993).
7 Pagliara, “Vitruvio da testo a canone”, 56.
8 Ibidem.
9 Serlio, Regole generali.
10 Serlio, Regole generali, VI.
11 Pagliara, “Vitruvio da testo a canone”, pp. 58-66. Sul prosieguo del processo inaugurato dalla pubblicazione di Serlio si veda anche Christof Thoenes, “La ‘regola delli cinque ordini’ del Vignola”, in Christof Thoenes, Sostegno e adornamento. Saggi sull’architettura del Rinascimento: disegni, ordini, magnificenza (Milano: Electa, 1998), 77-107.
12 Sebastiano Serlio, “Dedica ai lettori”. Liure extraordinaire de architecture de Sebastien Serlio ... Auquel sont demonstrees trente portes rustiques meslees de diuers ordres. Et vingt autres d'oeuure delicate en diuerses especes, Luon, Jean de Tournes, 1551. Il termine è utilizzato da Serlio stesso in diverse parti del volume.
13 Ivi, Dedica a Enrico II di Valois.
14 Ivi, Dedica ai lettori.
15 Lo stesso concetto viene esposto diversi anni prima nel libro sulle Antichità (1540): “quelli, che non sanno: accioche volendosi servire de le cose antiche; sappiano fare elettione del perfetto, e bene inteso, et è abbandonar le cose troppo licentiose”. Sebastiano Serlio, Il terzo libro di Sabastiano Serlio bolognese, nel qual si figurano, e descriuono le antiquita di Roma, e le altre che sono in Italia, e fuori d'Italia, Venezia, Francesco Marcolini, 1540, CLV.
16 Una disamina del lessico di Serlio in questo senso è in Carpo, La maschera e il modello, 21-22. Sul concetto di licenza si veda anche Alina A. Payne, The Architectural Treatise in the Italian Renaissance: architectural invention, ornament, and literary culture (Cambridge MA: Cambridge University Press, 1999), 116–133.
17 Serlio, Serlio, Le premier livre d’architecture (...) Le second livre de perspective (...), mis en langue francoise, par Iehan Martin (...), Paris, Jean Barbé, 1545, 22. Il termine “norma” viene utilizzato dall’architetto in una singola occorrenza nel libro I, nella sua accezione geometrica. Ivi, p. 2.
18 Un’analisi dei libri di Serlio pubblicati in Francia è in Sabine Frommel, Sebastiano Serlio architetto (Milano: Electa, 1998), 349-365.
19 Julius von Schlosser, La letteratura artistica: manuale delle fonti della storia dell'arte moderna (Firenze: La Nuova Italia, 1935), 357.
20 Michael Waters, “A Renaissance without Order Ornament, Single-sheet Engravings, and the Mutability of Architectural Prints”, Journal of the Society of Architectural Historians (71, 2012/4), 488–523. Sulla coincidenza del concetto di ordine architettonico con quello di regola rimando a Thoenes, “La ‘regola delli cinque ordini’ del Vignola”, 81.
21 Una tavola delle corrispondenze tra i disegni di Monaco e di New York, e le prove di stampa di Vienna è in Rosenfeld, On domestic architecture.
22 Per una riflessione sul linguaggio serliano utilizzato nella sua opera più tarda: Myra N. Rosenfeld, “Sebastiano Serlio's Late Style in the Avery Library Version of the Sixth Book on Domestic Architecture,” Journal of the Society of Architectural Historians (3, 1969), 155-172.
23 “consultissima lineamentorum lege”, De re aedificatoria, libro IX, capitolo I, si veda l’edizione Leon Battista Alberti, L’architettura, translation by Giovanni Orlandi (Milano: Edizioni il Polifilo, 1989), 786-787.
24 Manfredo Tafuri, “Giulio Romano: linguaggio, mentalità, committenti”, Giulio Romano: linguaggio, mentalità, committenti, Giulio Romano (Milano: Electa 1989), 15-64. Sull’uso delle prescrizioni albertiane rispetto all’adozione di un linguaggio licenzioso a palazzo Te si veda anche Amedeo Belluzzi, Palazzo Te a Mantova (Modena: Franco Cosimo Panini, 2012), 68.
25 Anche nel settimo libro le ville sono disegnate nel rispetto di forme regolari e mantengono il cortile come fulcro dell’edificio; inoltre sono tutte sopraelevate da terra. Serlio sottolinea in diversi punti del libro l’utilizzo di forme geometriche perfette, Serlio, Il settimo libro, 2, 22, 24, 26, 34. Riferimenti presenti nell’edizione a stampa.
26 Rudolf Wittkower, “Principles of Palladio's Architecture”, Journal of the Warburg and Courtauld Institutes (7, 1944), 102-122, poi convogliato in Architectural Principles in the age of Humanism (London: Warburg Institute, 1949).
27 Sabine Frommel, “Serlio e Palladio: un incontro assai probabile e le sue implicazioni”, ed. Franco Barbieri, Donata Battilotti, Palladio: 1508-2008: il simposio del cinquecentenario (Venezia: Marsilio, 2008), 68-73.
28 Fiore, “Introduzione,” in Serlio, L’architettura. I libri I-VII e extraordinario nelle prime edizioni, 32.
29 Sull’intento di diversificazione nelle piante di Serlio si veda: Rosenfeld, “Introduction”, in S. Serlio, On domestic architecture, 12.
30 Aurora Scotti, “Un exemple de la fortune du ‘Settimo Libro’ à l’époque baroque: la ville en forme de moulin à vent de Serlio”, ed. Sylvie Deswarte-Rosa, Sebastiano Serlio à Lyon: architecture et imprimerie, vol. 1: Le traité d’architecture de Sebastiano Serlio: une grande entreprise éditoriale au XVIe siècle (Lyon: Chomarat, 2004), 204-210.
31 Così il programma pubblicato in Serlio, Regole generali, V.
32 Si vedano James S. Ackerman, La villa. Forma e ideologia (Torino: Edizioni di Comunità, coll. “Biblioteca di Comunità”, 2000), 129-130, 147; Luisa Giordano, "Ditissima Tellus": ville quattrocentesche tra Po e Ticino, Bollettino della Società Pavese di Storia Patria, (40, 1988), 145-295, in specie 170-174; Sabine Frommel, “De la "casa del povero contadino" à la "casa del ricco cittadino": maisons rurales et maisons des champs dans le Sixième Livre de Sebastiano Serlio”, ed. in Monique Chatenet, Maisons des champs dans l’Europe de la Renaissance (Paris: Centre André Chastel. Études réunies par Monique Chatenet, 2006), 49-68.
33 Quanto alla datazione, gli studiosi concordano nell’individuare il 1542 come termine post quem per l’inizio della composizione del volume, data indicata sopra una delle porte inserite nel settimo libro, ma non respingono l’idea che la raccolta dei materiali fosse iniziata già durante il periodo italiano. Rosenfeld, “Sebastiano Serlio's Drawings in the Nationalbibliothek”, 400-409. Carunchio, in particolare, ipotizza che Serlio abbia proposto una prima bozza del settimo libro già entro il 1537, Carunchio, “Premessa al settimo libro”, 255.
34 Serlio, Il terzo libro, CL-CLI (Poggioreale), CXLVIII-CXLIX (Villa Madama).
35 Fiore, “Introduzione,” in Serlio, L’architettura. I libri I-VII e extraordinario nelle prime edizioni, 32.
36 Ivi, p. 56. Riferimento presente solo nell’edizione a stampa. Sul rapporto tra Serlio e Ippolito II d’Este: Sabine Frommel, “Ippolito II d’Este committente in Francia: dimore e architettura dipinta”, eds. Marina Cogotti, Francesco P. Fiore, Ippolito II d’Este, cardinale, principe, mecenate; atti del convegno (Villa d’Este a Tivoli, 13 - 15 maggio 2010) (Roma: De Luca, 2013), 91-114.
37 Riferimenti espliciti a Giulio Romano e a palazzo Te si trovano in Serlio, Regole generali, III, XIIIv, e in Serlio, Le premier livre d’architecture, 25v.
38 Paolo Carpeggiani, “Giulio Romano e un modello di villa per Sebastiano Serlio,” Te (2, 1986/4), 7-14.
39 Oltre ai modelli cinquecenteschi, Serlio si serve di qualche prototipo antico. Cita il Pantheon come modello per l’illuminazione zenitale della villa II nel settimo libro e cita le lettere di Plinio. Ancora gli ambienti ottagonali, che si rintracciano in diversi progetti pubblicati nel VII libro, derivano con ogni probabilità dall’aviario nella villa di Varrone a Cassino. Un’indagine puntuale dei riferimenti antichi utilizzati da Serlio nell’edizione manoscritta è in Carunchio, “Dal VII libro di S. Serlio,” 124.
40 Sulle deroghe di Serlio alla norma delle regole generali si vedano Frommel, Sebastiano Serlio architetto, 358 e Francesco P. Fiore, “Introduzione,” ed. Francesco P. Fiore, Sebastiano Serlio, Architettura civile. Libri sesto settimo e ottavo nei manoscritti di Monaco e Vienna (Milano: Edizioni il Polifilo, 1994), XLII.
41 Serlio, Il settimo libro, 26, 32. Riferimenti presenti solo nell’edizione a stampa.
42 Frommel, Sebastiano Serlio architetto, 352-364.
43 Ivi, p. 38.
44 Fiore, “Introduzione,” in S. Serlio, L’architettura. I libri I-VII e extraordinario nelle prime edizioni, 32.
45 Fiore, “Introduzione,” S. Serlio, L’architettura. I libri I-VII e extraordinario nelle prime edizioni, 35. Sui concetti di “decoro” e “commodità”: Fiore, “Introduzione,” in S. Serlio, L’architettura. I libri I-VII e extraordinario nelle prime edizioni, 33-34.
46 Carunchio, “Premessa al settimo libro”, 252.
47 Frommel, Sebastiano Serlio architetto, 358.